La sapientia quale fondamento della religio Secondo Cicerone occorre sempre tenere presente che “princepsqve omnivm virtvtvm illa sapientia”[1], sapientia che i greci chiamano sophia, σοφια, la quale si identifica con “divinarvm et hvmanarvm rervm scientia”[2], e riguarda i rapporti comunitari degli Dei con gli uomini e le relazioni sociali fra gli uomi­ni, per cui sulla sapientia fonda ogni atto retto dell’animo conforme all’essere vero delle cose. Cicerone distingue la sapientia dalla prvdentia, la froÈnhsiv, la quale è “rervm expetendarvm fvgiendarvmqve scientia”[3], ossia la scienza di ciò che si deve volere in quanto bene e di ciò che si deve evitare in quanto male, perciò la prvdentia attiene al dominio della prassi. È l’Ottimo Padre Cicerone che mostra quale sia la funzione della sapientia nella religione romano-italiana, una funzione che condivide, in generale, con le religioni delle civiltà arie, tra le quali quella greca, quella iranica e quella hindù. Cicerone ebbe un ruolo primario nel fondare epistemologicamente la fede religiosa romana, questa funzione rese possibile la definizione del modello basilare della cultura della romanitas, e dunque la formazione religiosa del romanvs, per tutti i secoli che sono seguiti al suo magistero. Cicerone individua il civis romanvs perfectvs nell’orator, il quale realizza



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