Nel segno della potenza virile il religioso persegue la sua elevazione regale fino alla sua dimensione gioviale eterna, in funzione della sua glorificazione empirea. Per accedere alla gloria l’animo religioso romano-italiano sviluppa una condotta misurata, solare, apollinea e regale, in esso deve ardere il fuoco essenziale dell’amor, in modo che ogni terrestrità possa essere bruciata nell’ascesa all’olimpicità empirea. L’apollinizzazione integrale dell’animo mediante l’ascesa nella via sacra all’Olimpo fonda su quattro pilastri:  Divos et eos qvi caelestes semper habiti svnt colvnto et ollos qvos endo caelo merita locaverint, Hercvlem, Libervm, Aescvlapivm, Castorem, Pollvcem, Qvirinvm, ast olla propter qvae datvr hominibvs ascensvs in Caelvm, Mentem, Virtvtem, Pietatem, Fidem, earvmqve lavdvm delvbra svnto nec vlla vitiorvm[1]. Così Cicerone descrive quali sono le fondamenta della prassi religiosa che conduce l’animvs romanvs al Cielo Olimpico. La prima parte del discorso nomina gli Dei a cui prestare culto per loro stessi, la seconda parte indica gli Dei che devono essere resi immanenti nell’animo dell’uomo mediante l’attività religiosa, la presenza di questi Dei produce la divinizzazione dell’animo stesso e dunque anche la sua olimpicizzazione. Cicerone poi continua in questo modo:   Qvod avtem ex hominvm genere consecratos, sicvt Hercvlem et ceteros, coli lex ivbet, indicat omnivm qvidem



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