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La continuità della via tradizionale della romanità classica

L’opera magistrale svolta dai Padri della transizione, per fissare il deposito della sapienza religiosa e civile romano-italiana, e per consegnarlo alla trasmissione nei secoli, si è concentrata sulla definizione del canone degli autori, sulle regole dell’accesso alla loro opera magistrale e sulla regolarità della loro trasmissione. Nel complesso dell’opera è rientrato anche l’ordinamento delle varie scienze sacre a cui il religioso deve applicarsi per formarsi compiutamente nella religione e nella vita civile secondo giustizia. I Padri hanno costituito un corpus di scritture che consentiva di avere sempre di fronte a sé le vite esemplari dei Maggiori, perché l’uomo religioso italiano potesse imitarle nel tempo. La storia trasmessa, secondo il monito ciceroniano, doveva essere luce della verità religiosa, memoria della vita esemplare, maestra di vita ed esortazione alla pietà verso la vetustà[1]. La storia deve perciò essere assunta nel suo senso sacro, quindi deve essere fondata teologicamente e religiosamente, essa deve mantenere viva la memoria delle gesta divine esemplari dei Padri nelle generazioni, deve suscitare l’amore per la gloria nei giovani, in tutti i fedeli di Roma. Questo è l’usus maximus della storia, mentre la semplice erudizione storica esteriore è inutile e sviante, come dice anche Quintiliano. Il soggetto deve accostarsi alla storia sempre in modo religioso, in quanto