Tutta la condotta religiosa dell’uomo romano-italiano fonda sulla Sapientia Maiorum, la fedele osservanza della tradizione divina, e si risolve nel rigoroso rispetto di questa sapienza, dalla quale procede la condotta religiosa e civile esemplare. Fin dalle origini monarchiche, le gentes patrizie, e poi quelle nobili, hanno tramandato il Ius non scriptum da Padre in figlio. La tradizione orale della sapienza civile ha dominato tutti gli altri mezzi di trasmissione, ad essa si è poi affiancata la tradizione scritta, ma la disciplina morale e cultuale, in gran parte, è rimasta fondata sulla tradizione orale. In tutto il corso dei secoli, dalle origini di Roma ad oggi, il criterio che ha fondato la regolarità della tradizione è rimasto invariabile, ogni azione religiosa e civile deve essere conforme al Mos Maiorum, espressione della Sapientia Maiorum. L’ordine dello sviluppo della tradizione è ben espresso da Macrobio, innanzitutto egli cita un passo di Virgilio: Mos erat Hesperio in Latio, qvam protinvs vrbes Albanae colvere sacrvm, nvnc maxima rervm Roma colit[1]. Secondo Macrobio, Varrone, nel suo libro De moribus, dice che la condotta, mos, risiede in un giudizio dell’animo, “… dicit esse in iudicio animi …”[2], al quale segue la consuetudine, consuetudo. Occorre tenere presente che



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