Nel quadro della pluridecennale opera svolta dall’A.R.Q., nel senso di un rigoroso orientamento alla spiritualità tradizionale, nell’ambito delle tradizioni autentiche e regolari, è stata svolta, attraverso alcuni suoi mezzi, anche un esame critico dell’opera di Julius Evola, una critica fondata su una metaprospettiva tradizionale integrale, ovvero procedente dalla visione divina non duale, l’autentica e compiuta visione della realtà presente nelle tradizioni spirituali complete e regolari, è stata messa in luce, negli ultimi anni, una particolare deriva del tradizionalismo esteriore, in generale, e del tradizionalismo evoliano in particolare. In questa seconda forma di “tradizionalismo” vi è stata l’accentuazione di fenomeni sfocianti nel culto idolatrico di Evola, parallelamente vi è stata una sempre più ampia compromissione con la profanità accademica e il punto di vista profano che vi è associato. In uno scritto comparso qualche anno fa su «Satvrnia Regna» (2015 e.v.), si faceva presente che anche dopo quaranta anni dalla scomparsa di Evola si accrescevano “le manifestazioni di “devozione” nei suoi confronti, oggi ormai queste iniziative sconfinano nella “evolatria” e nel “fondamentalismo evoliano”. Vi è chi pensa persino di “divinizzare” Evola, erigendo ad esso altari e collocandolo fra i “Lari”, o persino elevandolo fra i “nostri Maggiori”, per tributargli poi offerte



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