Cicerone afferma, in molti passi della sua opera, in particolare nel De Officiis e nel De Amicitia, ma anche nelle opere morali e politiche, che la sapientia (sapienza) è il fondamento della virtvs e della ivstitia, e indirettamente della pietas, perciò in essa si trova il sommo bene dell’uomo e della città. Dato il valore della sapientia, ogni atto va ordinato alla sua realizzazione, costituendo la vita attorno allo stvdivm sapientiae, cioè alla philosophia, mediante la quale si consegue la conoscenza della verità divina, certa e immutabile. Peculiare dell’animo dell’uomo è l’attività razionale e intellettiva, la quale ha come fine la conoscenza del vero, perciò l’azione specifica dell’essenza umana, ciò che attua il suo bene, è “veri inqvisitio atqve investigatio”[1], la diligente investigazione del vero. La condotta conforme alla natura dell’uomo attua l’officivm in essa implicito, perciò costituisce la honestas, e dunque la bontà, la bellezza, la giustizia morale. Ogni uomo volge al bene, e quindi a ciò che è moralmente onorevole e salutare, quando persegue la sapientia. Nella indagatio atqve inventio veri si risolve il primo fondamentale ufficio dell’uomo, attraverso di esso egli consegue sapientia e prvdentia, le quali sono specifiche virtvtes dell’attività della mens, su di esse fondano le



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